martedì 30 maggio 2017

DIO ESCE ALLO SCOPERTO - Quando le ferite di uno, sono le ferite di tutti (finalmente il DVD!)

Fra i più di sessanta incontri fatti in giro per l'Italia l'anno scorso, mi è capitato più di una volta di girare per promuovere un film documentario dai creatori di "Terra di Maria" (capolavoro, se non lo avete ancora visto, fatelo!) che molto ha a che vedere con la mia storia personale. Si tratta del film "Dio esce allo scoperto", nato un paio di anni fa in Spagna e di cui da poco è finalmente uscito il DVD distribuito in tutte le librerie San Paolo (non alle Paoline), e ordinabile anche sullo store di infinitomasuno a questo link. Qui di seguito pubblico la recensione che scrissi in merito per La Croce e che fu ripubblicata da Costanza Miriano.

Libri, film, o spettacoli, chi mi conosce sa che io non parlo mai di qualcosa che non abbia visto e che non mi sia personalmente piaciuto, così come non ho mai chiesto a nessuno di promuovere un mio romanzo senza averlo prima letto. È perciò con estrema convinzione che oggi vi parlo di questo film che per me andrebbe proiettato in ogni sala pubblica e privata dello Stivale, dalle Alpi a Pantelleria, perché tutti possano vederlo.

Dio esce allo scoperto è un documentario che ripercorre la vita di Ruben, uomo messicano che per essere vissuto in una famiglia dalla quale non si è mai sentito accolto (scoprirà troppo presto il tragico motivo), deciderà di voltare le spalle a Dio, incolpandoLo del male subito e sperimentando ogni tipo di strada offerta dalla società moderna per la “realizzazione di sé”. Questa scelta farà precipitare Ruben in una spirale sempre più profonda di disperazione: dal sesso occasionale, alla prostituzione, fino alla perdita dell’identità. Un passo dopo l’altro, una caduta dopo l’altra, Ruben percorrerà tutti i gironi dell’inferno fino a toccarne e il fondo.

E sarà lì, al fondo dell’inferno, che Dio verrà a riprenderselo.

Fin qui nulla di strano. Nella sua essenza, la storia di Ruben è la storia di tutti: nascita, morte, resurrezione.

E già questo basterebbe a spiegare perché, secondo me, questo film andrebbe visto da chiunque. Indifferentemente da quale sia l’origine del vostro male, infatti, ciò che realmente conta è che quel male non è mai né l’unica, né l’ultima parola su di voi.

C’è però un’altra ragione, e non è meno importante della prima. 

Ruben ha tendenze omosessuali. 

Sì, avete capito bene: questa è una motivazione per cui tutti farebbero bene a guardare questo film. 

Tutti, non solo gli omosessuali. 

E arriviamo al punto: il dolore delle persone che hanno problemi di identità sessuale, riguarda solo queste persone? Semplifico la domanda: il dolore di ciascuno è affare solo suo?

Io non credo. E non solo io, a quanto pare, almeno secondo quanto riportato dall’allora cardinale Ratzinger nella Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali (a questo link il testointegrale).

Cito: “Nella Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale del 1975, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva sottolineato il dovere di cercare di comprendere la condizione omosessuale. […] Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale. […] Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale […]. In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro la delusione e l’isolamento”.

Capite? “L’intera comunità cristiana”. Il dolore di chiunque non è mai affare solo suo. Non nella Chiesa almeno. Non in quella che dovrebbe essere immagine della Nuova Umanità.

Siamo nel 1986, e da allora questa è rimasta per lo più lettera morta, salvo tentativi eroici di singoli pastori illuminati, o semplicemente armati di buona volontà.

Ma la buona volontà non è sempre sufficiente. Bisogna anche fornire gli strumenti, non solo spirituali, ma anche psicologici e umani perché i pastori e le comunità possano capire davvero e in maniera adeguata la situazione e il dolore di chi ha tendenze omosessuali, per potere aiutare nel modo giusto questi fratelli, prima di tutto senza lasciarli soli.

Sia chiaro: il mio non è un inno al “volemose bene”, né un voler porre l’accento sul dolore delle persone omosessuali come se fosse più grande di altri. Però un conto è sopravvalutare un disagio, come cerca di fare oggi la società civile, un conto è ignorarlo come se non esistesse. 

Non siete ancora convinti? Parliamo allora del signor Charamsa (Krzysztof Charamsa, teologo, e sacerdote divenuto famoso nel 2015 per aver dichiarato di avere una relazione con un uomo da anni n.d.r.). 

Le sue dichiarazioni hanno confuso e scandalizzato molti, me compreso. E tuttavia, se davanti a episodi del genere continueremo solo a scandalizzarci per poi voltarci dall’altra parte, temo che i signori Charamsa nella Chiesa non faranno altro che proliferare.

Non voglio giustificarlo: Charamsa è un teologo e quindi possiede tutti gli strumenti culturali e intellettuali per sapere che quando dice che “la Chiesa chiede ai suoi figli omosessuali di rinunciare alla vita amorosa”, sta dicendo una pura menzogna.

Soffermarsi però solo su questo o sul fatto che il celibato è richiesto a tutti i sacerdoti e che “be’, quando lui si è fatto prete lo sapeva”, vuol dire ancora una volta ignorare il problema di fondo che questa storia porta alla luce, e cioè che le persone che vivono situazioni di omosessualità nella Chiesa, e magari vorrebbero vivere secondo il vangelo e la loro natura di uomini e donne, vengono ad oggi lasciate sole, esposte così a tentazioni peggiori. Sacerdoti compresi.

Con tanti saluti alla lettera pastorale.

È un dato di fatto: di fronte all’assordante silenzio della Chiesa su questi temi, purtroppo i suoi figli confusi vanno cercando risposte da altre parti. E quelle risposte non sono difficili da trovare, poiché vengono gridate in tutte le piazze, fisiche e virtuali, da oltre trent’anni. 

Ammettiamolo, non possiamo scandalizzarci di Charamsa, senza scandalizzarci di noi stessi e della nostra indifferenza verso un problema che abbiamo volutamente fatto finta di non vedere, per molto, troppo tempo. Dopotutto la Chiesa siamo noi, no?

Per fortuna oggi ci viene data un’opportunità in più per fare qualcosa di diverso. Vogliamo davvero che “l’intera comunità cristiana possa giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro la delusione e l’isolamento”?

Se lo vogliamo, se lo volete voi che state leggendo, prenotate Dio Esce allo Scoperto, guardatelo con i vostri parroci, mostratelo ai vostri educatori.

Una testimonianza di vita che in un’ora e mezza pone luce sia sulle ferite legate all’omosessualità che su quelle legate alla transessualità, ma che soprattutto, al di là della storia specifica di Ruben, mostra una grande speranza, una via possibile per tutti quei fratelli che vogliono vivere nella Chiesa e che da essa si sono allontanati, convinti che qui non ci fosse un posto per loro.

Una via che nel concreto può passare anche da Courage, l’unica realtà ufficiale nella Chiesa (e sottolineo unica, niente a che vedere con i sedicenti gruppi “gay cattolici”), che si occupa di aiutare le persone omosessuali a vivere secondo il Magistero in castità, rispettando la natura del proprio corpo. (Voluta da Giovanni Paolo II trentacinque anni fa, Courage purtroppo non è un cammino psicologico, ma solo spirituale, almeno in Italia. Tuttavia esso si fonda su una visione dell’uomo che è quella che il Vangelo e l’evidenza naturale ci consegnano: non omo e etero, ma uomo e donna. Una realtà di cui Ruben fa parte attivamente oggi, andando persino a fare apostolato nei locali gay, in uno Stato in cui i membri di questa organizzazione non hanno paura di testimoniare ciò che Dio ha fatto per loro. N.d.r.).

Parlo a te che stai leggendo ora e che magari hai un fratello che ti ha confidato il suo dolore e non sai come aiutarlo; o a te che sei un sacerdote e ti chiedi come si possa parlare al tuo parrocchiano che confessandosi piange l’ennesimo rapporto col suo ragazzo; o a te che vivi il turbamento di non capire cosa stia passando tuo figlio e ti rendi conto che forse qualcosa te lo sei perso per strada; o a te che vorresti amare i tuoi amici con attrazione omosessuale senza farli sentire rifiutati, ma senza dover rinunciare a testimoniare la tua fede; o a te che vorresti vivere la tua vocazione di castità e combatti contro pulsioni che fatichi a dominare, nonostante il tuo volere: guardate Dio esce allo scoperto.

La storia di Ruben. 

La storia di un omosessuale, di un peccatore, di un figlio di Dio amato. 

La storia di un uomo.

La storia di ciascuno di noi

***

Per chi fosse interessato a maggiori informazioni sull'omosessualità da un punto di vista psicologico consiglio di leggere i libri di Richard Cohen o di Joseph Nicolosi. Due voci fuori dal coro per chi non ritiene sufficienti le risposte veicolate a livello globale dagli anni '70 in poi.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.